“Lo specchio dell’essere” ci avvicina al mondo dei personaggi che popolano i capolavori di Vincent van Gogh. Il ritratto è lo strumento privilegiato che Vincent utilizza per scoprire la personalità e l’essenza più intima dei suoi modelli, con la ferma intenzione di rendere visibile agli altri l’anima delle persone.
In questo Van Gogh si avvicina a Modigliani, entrambi accomunati dall’attenzione verso la persona, con sentimenti, pensieri, passioni.
“A volte vorrei che la mia fine fosse vicina, e tutti questi ricordi, una volta così dolci, abbia spinto via, come ci allontaniamo dal ritratto di un antenato, dallo sguardo di chi ci disturba, noi allontaniamo il nostro sguardo” Vincent van Gogh to Theo van Gogh
Nuenen, between Monday, 18 and Saturday, 23 February 1884
“Che nelle sue espressioni, in particolare negli uomini (sempre a eccezione di veri e propri ritratti) Rubens è superficiale, vuoto, burrascoso, sì, del tutto convenzionale e niente, come Giulio Romano e compagni ancora peggiori della decadenza. Tuttavia, lo adoro perché è proprio lui, Rubens, che cerca di esprimere uno stato d’animo gaio, di serenità, di tristezza, e in realtà lo raggiunge, attraverso la combinazione di colori – anche se le sue figure sono a volte vuote…”
Vincent van Gogh to Theo van Gogh, Antwerp, between Tuesday, 12 and Saturday, 16 January 1886
“Ho un ritratto di un’arlésienne in cui cerco un’espressione diversa da quella delle donne parigine. Ah Millet ! Millet! Come quell’uomo dipinse l’umanità è “qualcosa di alto”, familiare e tuttavia solenne. Pensiamo che quell’uomo piangeva quando iniziava a dipingere, che Giotto e l’Angelico dipinsero in ginocchio, Delacroix così profondamente affranto e commosso… quasi sorridendo. Chi siamo noi impressionisti per comportarci come loro?”
Vincent van Gogh a Willemien van Gogh, Saint-Rémy-de-Provence, mercoledì 19 febbraio 1890
“Poi ho trovato nel Dr Gachet un amico sempre pronto e qualcosa come se fosse un nuovo fratello – tanto ci somigliamo l’un l’altro fisicamente e anche moralmente. È molto nervoso e bizzarro e ha dato amicizia e servizi agli artisti della nuova scuola, tanto quanto era in suo potere. Ho fatto il suo ritratto l’altro giorno e dipingerò anche quello di sua figlia, che ha 19 anni. Ha perso la moglie qualche anno fa, ciò ha contribuito a renderlo insofferente”.
Vincent van Gogh a Willemien van Gogh, Auvers-sur-Oise, giovedì 5 giugno 1890
“Ho fatto il ritratto del signor Gachet con un’espressione di malinconia che potrebbe a volte sembrare una smorfia per chi guarda la tela. Eppure questo è ciò che dovrebbe essere dipinto, perché così possiamo renderci conto come, rispetto ai tranquilli ritratti antichi , ci sia espressione nelle nostre menti e passione e come l’attesa e come un grido. Triste ma gentile, chiaro e intelligente, è il numero di ritratti che dovrebbero essere eseguiti, comunque avrebbero un certo effetto sulle persone”.
Vincent
a Willemien van Gogh, Auvers-sur-Oise, 13 giugno 1890
«Non ho mai posato per un pittore, in genere gli uomini mi cercano per fare qualcosa non per stare ferma, non so se ne sarei capace.»
«Ti insegnerò io, sarò paziente e se ti stancherai potrai andare via quando vuoi.»
«Va bene pittore, va bene, farai il mio ritratto, sarà il ritratto di una donna di strada e sarà la tua prima volta.»
«Non farò il ritratto di una donna di strada, come dici tu, ma di una donna! Di una donna umile, lavoratrice, forte, meno fortunata di tante altre, ma sensibile e indulgente verso le miserie altrui.»
dal romanzo “Vincent in Love – il lavoro dell’anima”