L’opera “I fantasmi di Dioniso”, edita da Morellini, narra il percorso storico e culturale che ha portato alla rinascita del dramma antico nel 1914 a Siracusa, grazie all’impegno appassionato di alcuni cittadini illustri capitanati dal nobile Mario Tommaso Gargallo.
Il romanzo ripercorre tutte le fasi, attingendo da molti materiali custoditi negli archivi storici della città, a cominciare da quello dell’Istituto Gagini, la cui scuola d’arte collaborò alla realizzazione dei primi allestimenti.
Tra i protagonisti dell’opera vi è anche Gabriele d’Annunzio, quale protagonista delle innovazioni che interessarono il teatro in quegli anni. Il poeta rappresenta una delle personalità più vive e originali del ‘900 e nei suoi scritti troviamo varie volte riferimenti alla cittadina aretusea, della quale richiama la storia e le origini elevate dense di mitologia e cultura classica.
Di seguito uno dei brani più celebri in cui si parla proprio di Siracusa:
Brano tratto dall’opera Alcione di Gabriele d’Annunzio:
Ti sovvien della bella Doriese
nomata Siracusa nell’effigie
d’oro co’ suoi delfini e i suoi cavalli,
serto del mare? Noi scoprimmo un giorno,
stando su l’Acradina, la triere
che recava da Ceo l’Ode novella
di Bacchilide al re vittorioso.
Udivasi nel vento il suon del flauto
che regolava l’impeto dei remi,
or sì or no s’udiva il canto roco
del celeùste; ma silenziosa
l’Ode, foggiata di parole eterne,
più lieve che corona d’oleastro,
onerava di gloria la carena.
Scendemmo al porto. Ti sovvien dell’ora?
Un rogo era l’Acropoli in Ortigia;
ardevano le nubi su ’l Plemmirio
belle come le statue su ’l fronte
dei templi; parea teso dalla forza
di Siracusa il grande arco marino.
E noi gridammo, e un sùbito clamore
corse lungo le stoe quando la nave
piena d’eternità giunse all’approdo.
Gabriele d’Annunzio
Recentemente ho avuto il piacere di visitare uno dei luoghi privilegiati delle vita del grande scrittore: il Vittoriale degli Italiani, un complesso di edifici, vie, piazze, un teatro all’aperto, giardini e corsi d’acqua eretto tra il 1921 e il 1938 a Gardone Riviera, sulla sponda bresciana del lago di Garda. Committente del complesso fu il poeta e romanziere Gabriele d’Annunzio che vi è qui sepolto e che ne affidò il progetto all’architetto Giancarlo Maroni in modo che il luogo rappresentasse la memoria della “vita inimitabile” del poeta-soldato e delle imprese dei soldati italiani durante la prima guerra mondiale.
Il museo d’Annunzio segreto, situato nel sottoteatro, raccoglie quanto fino ad ora è rimasto sconosciuto al grande pubblico perché chiuso negli armadi e nei cassetti della prioria: i vestiti del vate, le scarpe e gli stivali, la biancheria, le vesti appositamente fatte confezionare da d’Annunzio per le sue donne, i collari dei cani, gli oggetti da scrivania, il vasellame da tavola, i gioielli. Un’intera sezione è dedicata alle eleganti valigie, alle cappelliere e ai bauli a incastro.
Brano tratto dal romanzo “I fantasmi di Dioniso”:
D’Annunzio aveva sorriso contento, arcuando i baffi: «Propongo un nome: Il Marzocco. Il simbolo araldico del dominio fiorentino ci rappresenterà.» Aveva cominciato a disegnare il leone seduto, con la branca destra alzata a sostegno dello scudo gigliato, allo stesso tempo emblema di Ercole e delle repubbliche.
Il Marzocco prese forma negli anni a venire, dapprima diretto da Angiolo Orvieto e poi dal fratello Adolfo.
Nel segno della reazione contro il positivismo della scuola storica, si era definito come il foglio di gente garbata, piena di gusto e misurata, lontana da eccessi e improvvisazioni, con la ferma intenzione di far risorgere un’estetica aristocratica che tendesse all’idealismo, preso atto del naufragio del positivismo, privilegiando le impressioni soggettive contro le opinioni di massa, quale espressione culturale dell’avanguardia fiorentina.
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