Il romanzo “I fantasmi di Dioniso”, edito da Morellini, ripercorre le tappe della nascita dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico a Siracusa nei primi del novecento, grazie alla lungimiranza di alcuni personaggi illustri siracusani capitanati dal nobile Mario Tommaso Gargallo.
La narrazione si snoda tra Siracusa e altre grandi città d’Italia, dove si concretizzano le spinte di rinnovamento del teatro, alla riscoperta della classicità che nel teatro greco di Siracusa trova la sua culla primordiale.
Nel racconto, accadimenti realmente avvenuti si intrecciano con storie nate dalla fantasia dell’autrice che, tuttavia, trovano un riscontro in lettere e documenti dell’epoca.
In particolare una bella storia d’amore avvicina il nostro Mario Tommaso Gargallo alla bella contessa Clara Combes De Lestrades di Donnafugata. È certo che vi fu una conoscenza e un’amicizia. La storia d’amore ipotizzata potrebbe essere realmente avvenuta ma, sicuramente, trova all’interno del romanzo una sua amplificazione rosea e piacevole. Durante la prima guerra mondiale Clara e Mario si incontrano a Bologna, proprio durante una licenza di cui Mario usufruisce, essendo impegnato presso il fronte di guerra.
A Bologna si incontrano all’interno del Caffè Gamberini, uno dei caffè storici della città che ancora svolge la sua attività.
Brano tratto dal romanzo “I fantasmi di Dioniso”:
Continuò ancora, per raggiungere il Caffè Gamberini, uno dei pochi rimasti aperti in quei tempi difficili. Entrò togliendosi il berretto dell’uniforme, quindi girò lo sguardo intorno per cercare lei.
La vide seduta a un tavolino in fondo alla sala, gli faceva segno.
«Mia cara, finalmente vi vedo.» Mario si sedette al tavolo prendendole la mano tra le sue.
In passato non avevano mai avuto atteggiamenti di confidenza. Ma la guerra aveva cambiato molte cose, e il calore di un sorriso, di uno sguardo, valeva più di tutto.
Clara Combes de Lestrade lo aveva atteso per qualche ora, vagando per la gelida città, ma non si sarebbe mossa da lì senza vederlo. Poi avrebbe raggiunto Roma.
«Finalmente siete arrivato. Come sta vostra madre?»
«L’ho lasciata proprio adesso, insieme a Emilia e a mio fratello. Sta bene, nonostante l’età che non le permette di affrontare nel migliore dei modi questi anni bui.» Lui ancora strinse le sue mani. «Voi come state?» Si guardarono fissamente.
Mario notò un’espressione diversa. Il viso era segnato da qualche linea in più ed era smunto, ma non aveva perso l’armoniosità della curva degli occhi di cerbiatto, e la bocca era sempre morbida e aggraziata. Disegnava leggermente una forma di cuore.
«Sto bene, cerco di fare del mio meglio per alleviare le sofferenze dei malati e dei mutilati. Lavoro per qualche ora al giorno in un ospizio.»
«Sapevo che anche voi avreste fatto la vostra parte, in questi tempi di guerra. Vedrete che presto finirà tutto, ormai siamo agli sgoccioli.» Mario aveva un tono rassicurante.
«Certamente non tornerà ogni cosa come prima, almeno non nel breve tempo, però dovremo sbracciarci per recuperare la nostra umanità. Per ora siamo solo delle macchine da guerra. Mi fa molto male dire queste parole, ma è la verità.»
«Nulla sarà più come prima…» Clara distolse lo sguardo, abbassando le palpebre. Aveva le lacrime agli occhi.
«Clara, cercate di restare serena. Cosa vi turba?»
«La guerra, la sofferenza, la mancanza di speranza per il futuro. A tutto questo si aggiunge la concretizzazione di un progetto, portato avanti già da qualche anno, da mio padre. Deve salvare la famiglia, il patrimonio, soprattutto in questi tempi difficili» la voce le tremava. «Tocca a me prendere in mano la situazione, nonostante voci insistenti, nell’intimo, mi ordinino di non farlo. Di non calpestare me stessa.»
Mario la guardava incalzante. Capì che il motivo dell’inquietudine non fosse solamente la guerra. C’era qualcosa di più angosciante, che avrebbe segnato la vita di Clara per sempre.
Vedendosi interrogata lei sciolse ogni dubbio: «Mi sposo il 29 aprile a Roma».