Il genio dissoluto di Nicolò Paganini, risuona virtuosamente fra le pagine di un romanzo che ha il sapore di una sinfonia romantica. Una monumentale testimonianza capace di rendere le dicerie poetiche e di sublimare l’esistenza all’eternità. Il diavolo sulla quarta corda: Nicolò Paganini ed il suo cannone è l’ultima fatica di Giovanna Strano, che inaugura la nuova collana Giallo Parma di Massimo Soncini Editore. Presentato ufficialmente il 27 maggio 2021 – a 181 anni dalla morte del violinista- e finalmente dal vivo, in occasione del Paganini Guitar Festival di Parma.
Giovanna Strano e la scrittura
Giovanna Strano, di professione dirigente scolastico del liceo artistico di Siracusa, è una eclettica scrittrice che ha fissato su carta storie di uomini “magici” come quella dello stellato Van Gogh e degli occhi pieni di vuoto di Amedeo Modigliani. Quasi stregata – come Ulisse al canto della sua sirena – la scrittrice richiama la necessità profonda di scavare e legarsi in una corrispondenza di amorosi sensi ai suoi uomini, attraverso la scrittura. Così è successo anche con il diabolico Paganini. Il romanzo è una stasi musicale, che catapulta il lettore in un eden terrestre fatto di foreste di violini. Nella connessione uomo-natura, la scrittrice ripone tutta la sua forza, consapevole di partecipare a leggi universali, nascoste ed inspiegabili. La figura di Paganini è introdotta al lettore lentamente, quasi come se ci si dovesse preparare al suo incontro.
Prima di Paganini fu il violino
La genesi del violino è per la scrittrice un modo di sublimare i suoi ricordi e le sue emozioni. La foresta di Panaveggio diventa luogo “iniziatico” attraverso il quale il viaggio nel mondo del violinista prende forma. Toni elegiaci narrano la cura e la dedizione di antichi mestieri come quello del liutaio. Costruire uno strumento non ha niente a che fare con il fabbricare, piuttosto è come comporre una musica, un rituale ancestrale che mescola legni di luna e mani sovra-umane. Un uomo che diventa violino ed un violino che diventa uomo. Così – legate da un filo invisibile – le mani di Nicolò Paganini si sovrapporranno per sempre a quelle del liutaio per eccellenza, Giuseppe Guarnieri Del Gesù, per “Varcare la soglia del conosciuto, del certo, per abbracciare mondi incontaminati, produrre suoni mai uditi”.
Diabolicamente Nicolò Paganini
“Quando la ragione non riesce a dare spiegazioni sulle capacità straordinarie di alcuni grandi uomini, che hanno segnato con il loro talento il cammino dell’umanità, subentra il sospetto, la calunnia, la menzogna.” Il romanzo della Strano combatte la banalizzazione di un uomo, di un archetipo. Paganini, alla stregua dei poeti maledetti, fu genio rivoluzionario ed incompreso. Crebbe nell’epoca del Romanticismo, della passione per la passione, del velo posto sulla ratio degli illuministi per dare spazio alla fantasia e alla musica intessuta di magia ed energie sottili. Un Dorian Gray ante litteram che strinse un patto con il diavolo. Era impossibile cogliere razionalmente il modo in cui riuscisse a suonare. Il violino si impossessava mimeticamente, facendosi prolungamento del corpo. Il suo corpo profanato da lunghe malattie, dalla vita lussuriosa e dalla severa autodisciplina custodiva dentro un tempio: forse è così l’inferno?
Un romanzo storico che riporta alla ribalta “l’essenza della musica” per donarlo a chi ama i suoi “capricci” e a chi -parafrasando il maledetto Dino Campana- nella vita “al fabbricare preferisce il rumore del mare”. Una pausa intima quella che ci dona Giovanna Strano, anche lei immensamente demoniaca.
Maria Cristina Mazzei
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