Uno degli scenari più suggestivi del romanzo “Il bianco gelsomino” di Giovanna Strano, tradotto in linguaggio filmico dal regista Paolo Ghezzi, dal fotografo Luca Romano e dall’attore ed esperto di cinema Francesco Di Lorenzo, è la splendida fontana di Diana Cacciatrice, posta al centro di Piazza Archimede a Siracusa.
La Fontana di Diana viene costruita nel 1907 a opera di Giulio Moschetti, con la collaborazione del figlio Mario. La costruzione fu voluta dal Comune di Siracusa a seguito della creazione di Piazza Archimede nel 1878. L’opera costò al Comune 19.000 lire.
La fontana è rivolta a sud e mette in evidenza la figura di Diana con l’arco e il cane, gli attributi della dea della caccia, protettrice di Ortigia in epoca greca.
Ai suoi piedi c’è Aretusa che si allunga mentre è in atto la trasformazione in fonte. Alfeo è posto lateralmente, stupefatto per ciò che sta avvenendo alla sua amata.
In secondo ordine, all’interno della vasca troviamo quattro tritoni che cavalcano due cavalli marini e due pistrici impennati sulle onde. La vasca presenta anche alcuni mascheroni e stemmi che ricalcando uno stile classico delle forme.
La fontana è costruita in cemento armato, sia per il minor costo esecutivo che per seguire l’ampia versatilità di questa tecnica costruttiva.
All’interno del romanzo la protagonista Luce instaura un dialogo immaginario con le statue, che sembrano guardarla, consapevoli del destino al quale lei va incontro.
Un filo sottile che percorre il romanzo è proprio questo apparente scorrere del tempo, che illude gli uomini e le donne, in quanto immersi nel divenire. In realtà si tratta di avvenimenti che, se visti al di fuori della materialità temporale, sembrerebbero già scritti, conosciuti. Come se non si potesse sfuggire a un destino che incombe sulle nostre vite, più grande di noi.
E’ quello che accade a Maria Luce. Si imbatte in una realtà che esula dalla temporizzazione del presente, e vive il passato nel presente, in un’aurea avvolgente, simile a un sogno. O è una visione. O è la vita?
A voi la scoperta…
Brano tratto dal romanzo “Il bianco gelsomino”:
Attraversai velocemente, passando rasente alla larga fontana illuminata di Diana Cacciatrice.
La dea, posta al centro delle sculture nell’atto di difendere Aretusa dall’inseguimento di Alfeo, primeggiava con la sua dolcezza su quella scena raffigurante l’amore sofferto, desiderato. Rifiutato.
La ninfa Aretusa, bellissima, stava ai piedi della dea, disperata per l’inseguimento di un uomo che lei non amava.
La fragilità di quella bellezza prorompente era rimarcata dalla sua posizione subalterna, al basamento di un’altra donna che l’avrebbe potuta preservare. Ma la debolezza dei sentimenti era evidente anche in Alfeo, stupefatto per ciò che stava accadendo, che andava a ostacolare la bramosia del possesso.
Nell’insieme di quell’onda in movimento, creata dai Tritoni, dai mostri e dai cavalli marini, raffigurati nell’atto di cavalcare l’impetuosità dei flutti, dominava la dea Diana, detentrice del potere. Della forza e fermezza.
Diana avrebbe difeso Aretusa dal male che poteva giungere per prevaricare il suo volere.
Avrebbe difeso anche me?
Il visibile, la realtà, si mostrano palesemente e siamo in grado affrontarli.
Stessa cosa possiamo dire per l’impercettibile?
Occhi inesistenti mi osservavano. Ma io non ne ero consapevole.
Anche Diana mi scrutò saggiamente.
Ricambiai il suo sguardo, ignorantemente, inconsapevole di ciò che si ramificava sotto i miei piedi. Ovunque mi trovassi.
Persino l’aria mi spiava gelosa.
Mi sarei salvata dall’inconscio, dal segreto e celato?
Stupida e sconsiderata sorrisi al pensiero che anche i Tritoni, i cavalli e i grandi pesci pietrificati, perennemente martellati dagli zampilli d’acqua saltellanti, si voltassero ammirati per guardarmi scintillare al riflesso dei giochi di luce della fontana.