Il Musée Carnavalet di Parigi è un piccolo gioiello nel panorama museale parigino, nel cuore del Marais. All’interno, tra le centinaia di reperti storici appartenenti a tutte le epoche il Musée Carnavalet propone un viaggio nel tempo e nello spazio alla ricerca di atmosfere letterarie perdute del grande scrittore.
I mobili e gli oggetti di Marcel Proust racchiusi all’interno del museo provengono da tre domicili parigini che lo scrittore occupa successivamente alla morte di sua madre: boulevard Haussmann al numero 102, 44, rue Hamelin, rue Laurent-Pichat n. 8.
Secondo la sua governante Céleste Albaret la maggior parte dei mobili presentati nella sala provengono dall’ultima camera in via Amiral-Hamelin. Questi mobili familiari sono caratteristici dell’arredamento borghese degli anni 1870-1880.
Asmatico, Marcel Proust esce sempre meno dalla sua stanza. Dorme di giorno e lavora la notte, componendo la maggior parte dell’opera A la recherche du temps perdu. Protetto dai rumori provenienti dall’esterno attraverso delle piastre in sughero che rivestono le pareti della stanza, Proust consacra gli ultimi 15 anni della sua vita a creare un’opera letteraria maestosa, che comincia a scrivere nel 1908.
L’emozione si fa forte osservando da vicino gli oggetti della sua vita quotidiana e respirando la stessa aria dello scrittore nella sua lunga estasi creativa.
Brano tratto dal romanzo Vermeer, il tempo perduto:
Un pezzo di passato puro era risorto, il limite temporale della sua vita era stato superato, permettendogli di tornare indietro. Non era qualcosa che gli sembrava di avere già visto, ma ciò che realmente aveva vissuto. Quel quadro era stato il mezzo per salvare il tempo sia dell’autore, Jan Vermeer, ancora presente nelle sale del Maurithuis, del Jeu de Pomme e dei musei dove sarebbe stato esposto, ma anche il suo, come di tutti gli altri uomini e donne che si sarebbero avvicendati nel futuro davanti a esso.
Durante la visita Proust si sentì molto male, quasi svenne ma, una volta tornato a casa, disse alla governante:
«Ah, Céleste, non potete immaginare la minuzia, la raffinatezza. Il più piccolo grano di sabbia. Un minuscolo tocco di rosa di qua, di verde di là… Come deve averci lavorato! Io dovrei correggere, correggere, aggiungere dei grani di sabbia…»