Passano i secoli ma Nicolò Paganini rimane uno dei personaggi pubblici più noti della storia. È stato capace di valicare i confini della propria arte, entrando di diritto nel pantheon della cultura internazionale. Un uomo che ha segnato il suo tempo, ricordato anche in semplici locuzioni quotidiane come la celebre “Paganini non ripete”, frase che l’artista avrebbe rivolto a Carlo Felice di Savoia, ancora oggi usata da coloro che non vogliono ripetersi in qualcosa. Cosa ha significato per lei scrivere di Paganini, confrontarsi con lui? Quali sono state le sue emozioni a proposito?
La scelta di scrivere un romanzo su Paganini è stata meditata da tempo. L’amore indiscusso che lega la mia persona alla musica nasce da quando ero molto piccola, essendo una costante nella mia vita familiare. Avevo sognato un futuro da musicista, ma ciò non è accaduto, in quanto ho seguito altre strade nella mia formazione. Nonostante ciò, la musica ha sempre fatto parte del mio essere. Proprio per dare un senso a questa spinta che sento ribollirmi dentro, ma che avverto come qualcosa che non prende concretezza in quanto la mia professione mi porta verso altri ambiti, ho deciso di scrivere un romanzo che trattasse di musica. L’intento principale è quello di riuscire a rendere la magia della musica attraverso quella scrittura e spero di esserci riuscita. La scelta della figura di Nicolò Paganini è dettata dal fascino che emana il musicista, la cui vita è contornata da un alone di mistero. Proprio con l’intento di svelare, a me stessa e al pubblico, quale può essere il senso di questa personalità controversa, ma nello stesso tempo dotata di un talento eccezionale che ha stupito intere generazioni, la mia scelta è ricaduta su Nicolò Paganini e ne sono felice, in quanto dalle ricerche svolte sono riuscita a comprendere molte verità che connotano la sua esistenza e che ne hanno fatto uno dei musicisti più grandi di tutti i tempi.