Duilio Cambellotti è uno degli artisti italiani più poliedrici del novecento. È stato un illustratore, incisore, pittore, scenografo, architetto, decoratore, scultore, ceramista, concretizzando la sua arte in innumerevoli tipologie di opere.
La sua figura è legata alla rinascita del dramma antico a Siracusa in quanto, del 1914 al 1948 si dedica alla progettazione dello spazio scenico delle opere teatrali allestite al teatro greco.
Nel cuore di Roma il Villino Boncompagni offre al visitatore uno spaccato di arte proprio di quel periodo, riservando uno spazio specifico all’arte di Duilio Cambellotti.
Il Museo Boncompagni per le Arti Decorative, il Costume e la Moda dei secoli XIX e XX è una gemma del patrimonio artistico infinito di Roma. Il Villino Boncompagni fu costruito dagli stessi principi nel 1901. In quegli anni, infatti, i Boncompagni procedettero alla lottizzazione ed urbanizzazione della loro villa che per 30 ettari si espandeva all’interno delle Mura Aureliane.
Anche Gabriele D’Annunzio scrisse in merito allo smembramento della tenuta: “I giganteschi cipressi ludovisii, quelli dell’Aurora, quelli medesimi i quali un giorno avevano sparsa la solennità del loro antico mistero sul capo olimpico del Goethe, giacevano atterrati… Sembrava che soffiasse su Roma un vento di barbarie e minacciasse di strapparle quella raggiante corona di ville gentilizie a cui nulla è paragonabile nel mondo delle memorie e della poesia”.
L’esposizione si snoda tra Futurismo e Decò. L’arte futurista è presentata come stile di vita che ha invaso il campo della creatività italiana tra il 1909 e il 1915, anno in cui la prima guerra mondiale arresta il vitalismo dell’arte, soprattutto nella pittura nella scultura, mentre nelle arti decorative in genere continua a dare nuovi frutti mescolandosi con lo stile cosiddetto déco, caratterizzato da forme geometriche che rispecchiano le esigenze di diffusione commerciale di vari prodotti.
Così, si susseguono opere di grande fascino, con la vetrata Visione Eroica di Cambellotti (I Guerrieri), i ritratti dedicati da Giacomo Balla alle figlie, Le Amiche, olio pregevole di Giorgio De Chirico esposto in una sala dove anche la Signorina del triestino Giannino Marchig non è da meno.
La luminosa Biombruna di Giacomo Balla accanto alle Maschere di Gian Emilio Malerba e poi un susseguirsi di oggetti perché dedicati ai ricchissimi e anche a quella media borghesia che proprio attraverso il Liberty e l’Art Deco arreda le case con oggetti che, poi, nei decenni successivi, con il prorompere dell’inglese, saranno definiti di design.
Brano tratto dal romanzo “I fantasmi di Dioniso”:
Cambellotti guardò i suoi interlocutori con convinzione. Continuò:
«È proprio questa architettura interiore che deve essere ricreata sulla scena. Dobbiamo riuscire a restituire
il dramma alla sua dimensione spirituale, senza per questo cadere in eccessive preoccupazioni di aderenza al modello archeologico. La tragedia antica può avere un senso, oggi, se riesce ad avvicinarsi alla mentalità attuale, combinando la magia del passato con la forza e la vitalità del presente».