Il romanzo “Il diavolo sulla quarta corda – Nicolò Paganini e il suo Cannone”, Soncini Editore, nasce con l’intento di materializzare i suoni magici della musica attraverso le parole e la scrittura.
Interprete principale è uno dei geni indiscussi della Musica: Nicolò Paganini.
Nell’immaginario moderno David Garrett impersona Paganini anche in un film, essendo un violinista talentuoso sin da giovanissimo.
Oggi propongo ai lettori una terza esperienza di ascolto.
Per una comprensione totale del brano vi invito a seguire le istruzioni, in modo da abbinare esattamente la musica alle parole e viaggiare insieme a me alla scoperta della magia più totale.
Cliccate sul video sotto, dove David Garrett suona il Capriccio n. 24. Fate partire la musica e cominciate a leggere il brano riportato sotto.
Brano tratto dal romanzo “Il diavolo sulla quarta corda”:
Paganini prese il violino osservando il pubblico.
«Eseguirò il Capriccio n. 24, pensato per i miei studenti, al fine di onorare il vostro cortese invito.»
Si voltò verso gli orchestrali che ricercarono gli spartiti, in quanto avevano già eseguito il pezzo.
Lo Stradivari, con impeto, propagò la sua voce ferma, sicura, marcando un ritmo sontuoso.
Dopo la prima frase, l’orchestra iniziò gradatamente l’accompagnamento,
segnato da abbellimenti svolazzanti del violino.
Il suono sembrò simulare un librarsi di vento, che piano diventò fasciante, lento, sensuale e morbido. Lievi tocchi dello xilofono segnarono piccole gocce di pioggia, o di rugiada, che caddero gioiose.
Più avanti, le note alte del violino ancora piroettarono.
Erano una primadonna, una ballerina fluttuante, tra veli luccicanti. Si muoveva sinuosa assumendo forma eterea, e il pubblico fu rapito dal suo fascino passionale.
Ancora passi leggeri di danza, al centro dell’aria, e poi saltelli ritmici e allegri. Ognuno, nella sala, pensò di poter danzare, e i piedi delle dame iniziarono a ticchettare sotto le gonne. A un tratto avvenne ciò che nessuno si sarebbe mai aspettato, neanche i musicisti che conoscevano il pezzo.
Paganini era sceso dal palco avvicinandosi alla principessa.
Alto e slanciato, superiore agli astanti completamente soggiogati, variava la composizione, guardando fissa la donna, ormai pendente dalle sue mani veloci e potenti.
Cominciò a stuzzicare con la mano sinistra le corde lungo la tastiera, emettendo un tono simile a quello della chitarra pizzicata. Eppure differente, in quanto contemporaneamente l’archetto agevolava la morbidezza dei suoni sfiorando le corde.
Poi ancora il canto sinuoso dello strumento sembrò un flauto, sottile e flessuoso, come una lama che dolcemente penetra nelle carni per non uscirne più.
La forza dell’orchestra riprese vigore. Eppure sempre primeggiava la voce sottile e flautata del violino.
Paganini ritornò sul palco, dirigendo da vicino gli orchestrali con le movenze del corpo, mentre continuava a condurre la melodia col violino. Di nuovo impeto pressante, sempre più coinvolgente. Il suono del violino correva avanti e l’orchestra dietro, in un gioco strepitoso denso di emozioni.
Il maestro si muoveva assecondando il moto dell’armonia, e i capelli lunghi sulle spalle accompagnarono svolazzanti ogni gesto, ogni movimento.
Gli animi dei presenti seguivano la rincorsa, palpitando di enfasi. E lui sovrastava ancora, padrone indiscusso della musica. Quattro colpi finali dell’orchestra, all’unisono, stopparono l’acuto del violino vibrante.
Uno scroscio di applausi concluse l’esibizione, e molti si alzarono anche in piedi, presi dall’esaltazione. La principessa sembrò svenire, sorretta dal marito. Mai nessuno aveva suonato a quel modo.
Lo stesso Paganini si stupì di quanto avvenuto, chiedendosi cosa avesse provocato in lui quell’esplosione impulsiva.
Forse l’abito rosso della donna? La visione della sensuale Semiramide danzare al centro della sala, innalzarsi nell’aria e volteggiare eterea.