Il 18 dicembre del 1737 muore il maestro Antonio Stradivari.
Il liutaio era un uomo dal forte carisma che aveva operato a Cremona per molti anni, segnando la creazione di strumenti a corda con una loro particolarità, superando gli insegnamenti avuti presso la bottega del maestro Nicola Amati.
Stradivari aveva lavorato instancabilmente fino all’età di novantatré anni, influenzando notevolmente la produzione della liuteria cremonese.
Nel campo della liuteria, la scuola bresciana decade con la morte di G.P. Maggini (1580-1632), mentre la fama di Cremona raggiunge il culmine del periodo d’oro, che va dal 1650 al 1750.
In questo intervallo vi è la presenza di prestigiosi liutai come: Nicolò Amati (figlio di Girolamo che insieme al fratello Antonio sono gli eredi di Andrea Amati), Giuseppe Guarneri del Gesù e Antonio Stradivari. Fuori dall’Italia il più grande liutaio straniero è Jacob Stainer, originario del Tirolo austriaco.
Gli strumenti Amati e Stainer hanno una bombatura accentuata, che conferisce una sonorità più dolce e meno potente. I modelli di Stradivari e Guarneri favoriscono invece un’emissione più sonora.
Con la morte di Stradivari nel 1737, di Guarneri nel 1744 e di Carlo Bergonzi nel 1747, allievo di Stradivari, il periodo più florido cremonese giunge al termine. Infine Pietro Guarneri muore a Venezia nel 1762.
Alla morte di Stradivari, a Cremona vi sono parecchie botteghe di maestri liutai che hanno contraddistinto l’arte della liuteria in tutta Italia. Tra di questi vi erano le casate Bergonzi, Gagliano, Gobetti e Guadagnini.
Giuseppe Guarneri fa parte della compagine, distinguendosi per una produzione del tutto originale.
Giuseppe inizia a lavorare nella bottega del padre, accanto al fratello Pietro, e i suoi strumenti assumono i tratti tipici dello stile tramandato dagli avi, cioè del modello stradivariano. Poi si sposta a Brescia per molti anni, dove si inserisce presso la bottega Maggini, mentre il fratello si trasferisce a Venezia.
Ritornato a Cremona, nonostante vi sia ancora la bottega del padre, ne apre una propria, risoluto nel trovare il suo stile.
Assume l’appellativo “del Gesù” utilizzando la sigla IHS sormontata da una croce greca, apposta nella sua etichetta a partire dal 1731. Si tratta di un cristogramma riconducibile alla Compagnia dei Gesuiti, acronimo di “Iesus Hominum Salvator – Gesù Salvatore degli Uomini”.
Lo studio costante della sonorità degli strumenti lo porta a trascurare l’aspetto estetico, anteponendo sempre un’attenzione particolare all’acustica.
Giuseppe Guarneri del Gesù è quindi l’emblema del liutaio alla continua ricerca spasmodica del rivolgimento, verso un drastico cambiamento del timbro degli strumenti.
È cosciente che la sua attività possa apparire confusa; ha spostato le effe, cambiato le bombature, aumentato gli spessori della tavola e del fondo, ma le prove e riprove, che variavano gli aspetti tecnici costruttivi, devono portare inevitabilmente al miglioramento del suono.
Il Cannone è completato dal Guarneri nel 1743, aiutato forse dalla moglie Caterina Roda che interviene nella testa dello strumento.
La tavola armonica è costruita con il legno di risonanza di abete rosso. Si tratta dello stesso legno utilizzato per altre sezioni interne, mentre il fondo è costruito in acero. L’ebano è adoperato per la tastiera.
L’incontro con un liutaio della famiglia Bergonzi è avvenuto proprio mentre pensavo all’idea del romanzo “Il diavolo sulla quarta corda” e proprio a Paneveggio.
Non credete sia stata una circostanza straordinaria?