Il romanzo fantasy “Il bianco gelsomino” di Giovanna Strano, Delos Digital, ha un sottotitolo che ne riassume la sostanza: non esistono amori impossibili.
Emozionante e denso di magia, narra una storia fantastica in bilico tra realtà e sogno. Una giovane donna, Maria Luce, è imbrigliata in una vicenda surreale, che la coinvolgerà profondamente nei sentimenti e nel suo stesso modo di essere.
Ma il lettore intende sin dalle prime pagine quale sia la vera protagonista della storia: una città, Siracusa.
Da sfondo alla narrazione vi è la bellissima isola di Ortigia gioiello pulsante del territorio siciliano, ricca di spunti artistici e culturali che coronano lo svolgimento. Si susseguono momenti straordinari di trasposizione nel passato e l’accostamento con un’entità impalpabile scatena l’amore, la passione.
La narrazione è intensa, soprattutto quando si descrivono le viuzze del centro cittadino, intricate di storia accumulata nei secoli, e poi le suggestive architetture che contornano il romanzo.
Di seguito alcuni brani tratti dal romanzo:
Imboccai una stretta stradina sinuosa per ritornare verso casa. Addentrandomi nel groviglio di muri sconnessi, arcate e balconi, incontrai dinanzi a me la facciata maestosa di una chiesa che, addossata ad altre costruzioni, sembrava sbucare a imporre la sua presenza tra la vita monotona e regolare di ogni giorno.
Entrai dalla porta centrale: era la chiesa del Carmine.
L’aria fresca e la penombra mi invitarono ad avanzare al centro delle tre navate, seguita nei miei passi lenti dalle arcate bianche che si snodavano silenziose alla base della maestosità dell’edificio. Due stemmi nobiliari, posti in alto alle volte, affiancati da putti alati, suggellavano la regalità di tutto il complesso.
Rimasi tra i primi banchi osservando ogni dettaglio, cercando ristoro e consolazione alla mia anima sofferente.
Maria Luce si perde tra i muri di case antiche, nel bandolo delle viuzze cinte da case dirupate. Tutto intorno la spinge ad abbandonarsi al disegno onirico che non le dà più pace. Complice una città piena di sole, dove le tenebre riescono a essere più profonde.
L’esuberanza della Cattedrale sovrastava su tutti gli altri edifici, con le sue bellissime statue di Santi, le colonne e i capitelli.
Mi soffermai a guardare la statua di Santa Lucia posta sul lato destro della facciata, che con la sua semplicità e dolcezza costituiva per me una sorta di perno focale di tutto il complesso. Sul laterale della Cattedrale si potevano notare le colonne doriche che ne fondavano la struttura primordiale nell’originario tempio di Athena, poi adattato a basilica cristiana in epoca successiva.
L’ovale di Piazza Duomo, splendida come sempre nella sua eleganza e signorilità, brillava lucido al riflesso della sapiente illuminazione che ne sottolineava gli elementi stilistici, i balconi intagliati, le statue, i capitelli.
Sin dal tempo dei Siculi quello slargo pianeggiante, alto sul promontorio dell’isola, era stato prescelto come luogo di incontro e di scambio e gli uomini del tempo avevano lasciato la vasta area sgombra da costruzioni.
La singolarità di tale struttura era rimarcata dal fatto che intorno, al contrario, le case erano addossate le une alle altre, inframmezzate da viuzze strette e tortuose che costituivano un bandolo aggrovigliato.
Per quanto la storia di quelle mura sia predominante, altro elemento costante, che fa da sfondo al romanzo, è il mare. Placido, dondolante, carezzevole, azzurro.
Il mare, fonte di vita e di rinascita.
L’aria proveniente dal mare accarezzò dolcemente i lunghi capelli neri sciolti sulle spalle.
Istintivamente tirai un lungo respiro rigeneratore, a occhi chiusi… e mi sentii subito immersa in quel mare limpido e cristallino che tanto amavo.
E che tanto mi amava.