Nel 1912 Amedeo Modigliani vive al numero 216 di boulevard Raspail.
L’artista scolpisce, dipinge, disegna con frenesia, fumando e bevendo.
L’inverno è terribilmente freddo e la sua salute è già fortemente compromessa, tanto che finisce in ospedale. I medici gli consigliano di andare a riposarsi in un posto soleggiato. Modì pensa alla sua terra natale, ma non ha il denaro per il viaggio. Il suo amico Ortiz organizza una colletta con gli amici per permettergli di andare in Italia.
Dalle testimonianze scritte sembra che l’ultimo soggiorno di Modigliani a Livorno sia avvenuto nella primavera del 1913. La madre Eugenia l’accoglie calorosamente, così come il resto della famiglia.
Amedeo si presenta al Caffè Bardi con atteggiamenti sempre provocatori che lo rendono odioso verso i suoi compagni, i quali avvertono che Amedeo si dia delle arie per ciò che è riuscito a fare a Parigi.
Il pittore Gastone Razzaguta darà la sua testimonianza:
Mi sembra ancora di vederlo, con le sue foto in mano, invitandoci ad ammirarle… Il suo entusiasmo e la sua tristezza aumentava con la nostra indifferenza.
Un altro amico, Bruno Miniati, racconterà così:
Dedo era arrivato tardi al Caffè Bardi dove noi ci riunivamo. Faceva molto caldo quell’estate. Noi siamo usciti per passeggiare lungo i fossi, proprio di fronte alla chiesa degli Olandesi. A un certo momento, da un involucro di carta di giornale, egli tirò fuori una testa dal lungo naso scolpita nella pietra. Lui ce la mostrò con l’aria di qualcuno che ha fatto un capolavoro. Attendeva la nostra opinione. Io non mi ricordo precisamente chi era con noi. Forse Romiti, Lloyd, Benvenuti o Natali, Martinelli, o Sommati, o Vinzio. Eravamo numerosi, sei o sette. Scoppiammo tutti a ridere. Cominciammo a prenderlo in giro, povero Dedo, e senza dire niente Dedo lanciò la scultura nell’acqua. Ci rammarichiamo, ma tutti noi eravamo convinti che come scultore Dedo valesse molto meno che come pittore. Questa testa c’era apparsa come un autentico aborto.
Nonostante l’episodio Amedeo continua a scolpire anche a Livorno.
Quando decide di rientrare a Parigi chiede agli amici dove poter lasciare le sue sculture, ma tutti in coro gli rispondono di gettarle nel Fosso Reale, il canale degli Olandesi.
In occasione del centenario della nascita del pittore, nel 1984, il canale è stato dragato nella speranza di ritrovare queste famose sculture e, in effetti, il 24 luglio ne sono state ripescate due, poi tre, ma queste si sono rivelate completamente false.
Brano tratto dal romanzo “Parlami in silenzio Modì”:
Quegli uomini erano rimasti grezzi e quasi del tutto analfabeti rispetto al cammino di crescita dell’arte. Cosa potevano mai sapere delle decine di atelier che si susseguivano a Montmartre e a Montparnasse, dove studi realizzati nell’ambito di correnti artistiche affermate erano collocati accanto a opere di autori emergenti o sconosciuti, eppure riposti con la stessa cura e attenzione?
Tutte le produzioni racchiudevano un proprio valore intrinseco, strettamente connesso alla personalità artistica che lo aveva prodotto.
E alcune di quelle sarebbero state destinate a diventare grandi, immense. Ammirate nei musei del mondo per un tempo indefinito.
Cosa mai potevano intendere, avvolti nell’aria umida e afosa di Livorno, della leggera nebbia che avvolgeva i boulevard e i grandi edifici di architetture imponenti, alla quale concorrevano i respiri di ogni individuo. Ogni presenza a Parigi, dalla più insignificante alla più eccelsa, era fondamentale per contribuire a dare spessore a quella nebbia greve, che copriva ogni cosa di magia e incanto. Con aria di sfida tentai di alzare il capo, di sferzare quelle menti chiuse. Non so perché, ma ancora tenevo alla loro opinione, nonostante tutto.
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