“Ah, mio caro Theo, se tu potessi vedere gli ulivi in questo periodo dell’anno… Il vecchio fogliame argentato che si staglia contro il blu. E il terreno arato arancione. È qualcosa di molto diverso da ciò che si pensa al nord – è una cosa di una tale delicatezza – così raffinato. Come i salici piangenti dei nostri prati olandesi o come tra i cespugli di rovere delle nostre dune, vale a dire che il mormorio di un boschetto di olive ha qualcosa di molto intimo, immensamente antico. È troppo bello per me osare dipingerlo o essere in grado di formularne un’idea.
L’oleandro – ah – parla di amore ed è bello come Lesbo di Puvis de Chavannes, dove c’erano donne in riva al mare. Ma l’olivo è un’altra cosa, se vuoi confrontarlo con qualcosa, paragonalo a Delacroix.
Ma sto finendo bruscamente questa lettera, volevo parlarti di un mucchio di altre cose, ma è come ti ho già scritto, le mie idee non sono ordinate” lettera di Vincent a Theo, Arles domenica 28 aprile 1889.
“La settimana scorsa ero a Hampton Court per vedere gli splendidi giardini e lunghi viali di castagni e tigli alberi in cui masse di corvi e cornacchie hanno i loro nidi, e anche per vedere il palazzo e i dipinti. Ci sono, tra le altre cose, molti ritratti di Holbein che sono molto belli, e due bellissimi Rembrandt (il ritratto di sua moglie e uno di un rabbino), e anche bellissimi ritratti italiani di Bellini, Tiziano, un dipinto di Leonardo da Vinci, vignette di Mantegna, un bellissimo dipinto di S. Ruysdael, frutti di Cuyp e così via”
Lettera a Theo, Isleworth, lunedì 3 o martedì 4 luglio 1876
Ti ho mai parlato di quel dipinto di Boughton – Il progresso del pellegrino? – Si va avanti verso sera. Una strada sabbiosa conduce sulle colline a una montagna sulla quale si vede la città santa illuminata dal sole che tramonta rosso dietro le nuvole grigie della sera. Sulla strada di un pellegrino che vuole andare in quella città, è già stanco e chiede a una donna in piedi sul ciglio della strada il cui nome è ‘tristezza, ma sempre allegrezza’ “La strada va in salita e poi fino in fondo?” ‘Sì fino alla fine’ “E il viaggio durerà tutto il giorno?” ‘Dal mattino alla sera amico mio’. Il paesaggio della strada passa attraverso è così bella, brughiera marrone con betulle e pini alberi qua e là, e macchie di sabbia gialla, e le montagne in lontananza, contro il sole. In realtà, non è un dipinto ma un’ispirazione.
Lettera di Vincent Theo, Isleworth, sabato 26 agosto 1876
“Continua sempre a camminare molto e ad amare la natura, perché è il vero modo per imparare a capire l’arte sempre meglio. I pittori comprendono la natura e la amano e ci insegnano a vedere. E poi, ci sono pittori che non fanno altro che cose buone, che non possono fare nulla di male, proprio come ci sono persone normali che non possono fare nulla che non sia buono. Le cose stanno andando bene per me qui, ho una casa meravigliosa ed è un grande piacere per me osservare Londra e lo stile di vita inglese e gli stessi inglesi, e ho anche il contatto con la natura, con l’arte e la poesia, e se questo non è abbastanza, che cos’è?”
Lettera di Vincent a Theo, Londra inizio di gennaio 1874
“A dire il vero, quando appena sedicenne avevo conosciuto le opere di Millet alla casa d’arte Goupil presso la quale lavoravo all’Aia, ero stato subito attraversato da un fremito che mi aveva riportato ai momenti di pura felicità dell’infanzia a Zundert. Ricordo distintamente le lunghe camminate nelle campagne vicine al paese, fino a addentrarmi nelle zone boschive, le scarpinate per raggiungere la sommità della collina prima del tramonto, così da poter gioire dei colori mielati e nitidi che infuocavano l’orizzonte.
Aprivo gli occhi nell’intento di imprimere nella mente le immagini, in modo da poterne richiamare il ricordo alla sera, sotto le coperte nel buio della notte, gustandole nel torpore del sonno che sopraggiungeva, non sapendo che un giorno avrei tentato di riprodurre quelle tinte nelle mie tele, di infondervi il soffio della natura che in quegli istanti mi faceva vibrare fino alla commozione. Poi rientravo a casa con lo zaino pieno di pietroline e foglie che avevo trovato, raccogliendole tutte in una cassetta nella quale custodivo i miei tesori.
Allora credevo che la mia vita sarebbe stata tutta così e, avvertendo la felicità che avevo dentro e che non mi lasciava mai, non vedevo l’ora di crescere, pensando che con l’età sarebbero aumentate anche le gioie.”
Brano tratto dal romanzo “Vincent in Love – il lavoro dell’anima”.