Nell’insieme delle interpretazioni che sono state date alla Primavera del Botticelli, custodita alla Galleria degli Uffizi, emerge una teoria secondo la quale nel dipinto sia stato raffigurato il calendario rurale connesso alle stagioni.
Uno di questi studi è stato condotto da Ernesta Battisti nel 1954, la quale esprime una netta avversione alle interpretazioni date in precedenza. Secondo la studiosa la Primavera esprimerebbe il modo di vedere i fenomeni naturali della vita. A destra sarebbe raffigurata la primavera nel suo nascere, culminante con Venere, alla quale seguirebbero l’estate e l’autunno.
Lo stesso Poliziano scriveva:
Né mai le chiome del giardino eterno
Tenera brina o fresca neve imbianca:
Ivi non osa entrar ghiacciato verno;
Non vento o l’erbe o gli arbuscelli stanca;
Ivi non volgono gli anni di lor quaderno;
Ma lieta Primavera mai non manca…
I personaggi dipinti esprimerebbero ciascuno un mese. Zefiro è il mese di febbraio ventoso, che fa nascere la nuova vita e una nuova stagione. Clori è la rappresentazione di marzo, con i fiori trattenuti sulle labbra come una promessa. Flora è la grande fioritura di aprile. Venere gravida è il mese di maggio. Le Tre Grazie simboleggiano l’estate e quindi i mesi di giugno, luglio e agosto. Mercurio rappresenta settembre.
Dallo studio emerge che Botticelli si sia ispirato al calendario rustico di Romolo, che aveva solo dieci mesi.
A supporto di tutto questo ci sarebbe una fonte iconografica di riferimento, una incisione di Virgilio Solis del 500, che aveva come titolo Primavera e conteneva tutti personaggi ripresi nel quadro di Botticelli.
Sulla stessa scia si colloca l’interpretazione dello studioso Dempsey, che ritrova i tratti dell’amore sognato da Lorenzo il Magnifico celebrato nella poesia degli umanisti che egli ha raccolto intorno a sé. Questo amore anima un vero rinnovamento della vita del mondo, mostrato qui nella forma della natura.
Per l’osservatore che si trova davanti alla grande tavola, in effetti non possiamo negare che vi sia una totale immersione nella bellezza del creato e dell’alternarsi delle stagioni, trionfanti nella fioritura delle piante rigogliose e piene di bellezza.
Brano tratto da “La Diva Simonetta – la sans par”:
Botticelli lavorò al quadro ancora per mesi, aggiungendo
particolari, ricercando la perfezione del tratto, l’armonia dei
visi e delle espressioni, in un’aurora celestiale che riusciva a
dare pace anche al più disperato degli uomini.
Simonetta al centro non era più una donna, forse era una
dea, forse una Madonna, comunque un essere che non aveva
ormai nulla di umano ma nei cui occhi si poteva scorgere
e scoprire l’intima essenza della vita, la ragione dell’esistenza,
la coerenza della morte terrena. La natura insita in ogni
cosa.