Tra i dipinti più belli e famosi custoditi alla Galleria degli Uffizi vi è la Primavera del Botticelli, il cui significato, ancora oggi, è avvolto da un alone di mistero.
Molti studiosi, nei secoli, hanno cercato di interpretare il messaggio nascosto nella tavola, dando numerose spiegazioni.
Una di queste ci riconduce a cercare le radici dell’opera nei paralleli letterari tratti dai classici.
Questa teoria è stata elaborata nel 1893 da Aby Warburg, il quale avvia una serie di studi che prenderanno il nome di “iconologia”.
Warburg ipotizza l’influenza esercitata da Leon Battista Alberti, vissuto nel 1400, sul maestro Botticelli. Proprio l’Alberti si augura di poter vedere dipinte le Tre Grazie in un’opera del suo tempo, rifacendosi a testi classici.
Così, analizzando la scena dalla parte destra, si trova una composizione che fa riferimento ai Fasti di Ovidio, nei quali si narra l’inseguimento erotico di Zefiro che cattura Flora e la possiede.
“Ora chiamata Flora, ero in realtà Clori: la lettera
greca del mio nome fu guastata dalla pronuncia latina.
Ero Clori, ninfa dei campi felici dove hai udito
che in passato ebbero la loro dimora uomini fortunati.
Dire quale sia stata la mia bellezza, sarebbe sconveniente
alla mia modestia: ma fu essa a trovare
come genero per mia madre di Dio.
Era primavera, vagavo; Zefiro mi vide, cercai di allontanarmi;
m’insegue, fuggo; ma egli fu più veloce.”
Botticelli aggiunge un’altra suggestione, in quanto evidenzia la mobilità dei capelli e delle vesti, ispirandosi a Ovidio, in particolare nella scena di Dafne inseguita da Apollo nelle Metamorfosi.
Sembra che il consigliere di Botticelli sia stato Poliziano, ispirato da questi testi delle Metamorfosi di Ovidio in un passo della Giostra.
Secondo Warburg la donna che sparge rose rappresenta la dea della primavera. Mercurio, considerato condottiero delle Grazie, è riconoscibile dai calzari alati, dalla clamide e dalla spada ricurva.
Inoltre lo studioso parla anche di un altro dipinto, “La nascita di Venere” che a suo avviso raffigura il divenire di Venere. Sorgendo dal mare è sospinta dagli zefiri alla riva di Cipro. La Primavera raffigura un momento successivo, quando Venere, in regale ornamento, appare nel suo regno. Sopra il suo capo, nelle cime degli alberi e sul suolo sotto i suoi piedi, si distende la nuova veste della terra con splendida fioritura attorno a lei.
Nonostante ciò emergono due errori interpretativi. Warburg ci dice che a destra vi siano degli aranci chini sotto una lieve brezza. In effetti non si tratta di aranci ma di piante di alloro che si differenziano da tutte le altre in modo netto. Inoltre ciò che viene rappresentato non è una lieve ebbrezza, ma un forte e violento vento simile a tempesta.
In ultimo Warburg identifica nella figura della dea della primavera la figura di Simonetta Vespucci amata da Giuliano de’ Medici, bellissima, morta di tisi a solo 23 anni, di cui narro la storia, poco conosciuta, nel romanzo “La Diva Simonetta – la san par” Aiep Editore.