Paul Alexandre è il primo vero amico che Modigliani ha a Parigi.
Nel 1906 i fratelli Paul e Jean Alexandre avevano ottenuto in affitto, dal municipio di Parigi, un edificio semidiroccato, denominato Delta, che riescono a trasformare in un luogo destinato agli artisti, dove vi sono incontri e scambi d’idee.
Il Delta è frequentato da tantissimi artisti, ma Paul Alexandre ha già compreso la grandezza di Modì e, sui muri, spiccano i suoi dipinti. Grazie a quest’accortezza molti dei disegni e delle opere di Modigliani sono state salvate dalla sua stessa voglia di disfarsi delle opere che non riteneva adeguate.
Paul Alexandre è un medico nell’ospedale di Lariboisière.
I due uomini diventano subito amici intimi e la loro amicizia dura fino all’agosto del 1914, quando il medico si arruola per andare al fronte.
In questi sette anni Paul Alexandre è amico e consigliere di Modì, ma anche unico sostenitore finanziario, acquistando nel giro di pochi anni centinaia di disegni e diversi dipinti.
Uno dei dipinti più significativi che ritraggono Paul Alexandre lo vedono al centro della tela con evidenti occhiaie. Prevale un aspetto fiero e sapiente e una corporatura slanciata ed elegante, in atteggiamento composto.
Modigliani sentiva fortemente lo slancio dell’amico verso il suo lavoro di medico ma, nello stesso tempo, Paul era dilaniato da un dolore profondo, in quanto il fratello più giovane Jean era gravemente malato e sarebbe morto da lì a poco.
Modigliani lo ritrae con una colonna stilizzata sullo sfondo, rivolta all’infinito, come la sua mente, nella speranza che questo infinito fosse stato quanto più lieve possibile.
Da quest’opera emerge la consistenza simbolica di molti dei capolavori di Modigliani, che inserisce dei particolari dal significato profondo, spesso nascosto, ma ben visibile nell’intimo del pittore.
Paul Alexandre era una persona speciale e Modì prova per lui una profonda stima e ammirazione.
Brano tratto dal romanzo “Parlami in silenzio Modì” Aiep Editore:
Era Paul Alexandre, mio estimatore e sostegno incondizionato.
Per onorare la sua vicinanza avevo deciso di realizzarne il ritratto. Lo eseguii a memoria e non fu necessario che Paul posasse per me. Nonostante questo restava a guardarmi, alle mie spalle, mentre io realizzavo l’opera.
«Davvero ho un’espressione così seria e grave?» Paul commentava il dipinto «io non penso di essere una persona talmente compita come stai dipingendo. Sei sicuro che non devi apportare delle modifiche?»
«Siamo alle solite. Voi modelli non accettate di vedere riflessa su una tela l’essenza della vostra anima. Se guardi bene non vedi una persona chiusa in se stessa, orgogliosa. Quell’uomo è risoluto e tenace, sa ciò che vuole, eppure conosce anche quello che lo aspetta.»
Paul mi guardò stupito. Stava per pronunciare qualcosa, ma si fermò. Anche io mi sentii in imbarazzo per quanto ero riuscito a riprodurre sulla tela, spogliando la sua psiche di ogni fronzolo e mostrando dei sentimenti puri che provava in quei momenti.
Avvertivo quanto Paul stesse soffrendo, e il mio dispiacere camminava di pari passo al suo.
……
Completato il dipinto lo riposi nella sua casa. L’opera rimase lì ad attenderlo, fin quando non fosse tornato, esausto.
Su di essa un biglietto, scritto di mio pugno:
“La felicità è un angelo dal volto severo.
Il resuscitato.
6 maggio 1913”